Il vero significato della parola Amore

Alle volte è necessario prendere una pausa, si rivela salvifico decelerare e lasciare che tutto si depositi.

Come una riabilitazione, ho dovuto imparare di nuovo a vivere e per tutti questi mesi, ogni giorno, è iniziata una prova nuova.

Poi, quando un desiderio è troppo grande per essere contenuto, trattenuto, rimandato o solo sognato, ho dovuto smettere di camminare appoggiandomi ai muri, accarezzando piano pareti di sostegno ed ho iniziato a correre. 

E così, sei arrivato tu.

Sei arrivato ad insegnarmi che nessun dolore ci annienta davvero fino in fondo. 

E che ogni lacrima, prima o poi, verrà asciugata da un sorriso.

Che è giusto continuare a crederci, nonostante sia capitato di fallire.

Così piccolino e così saggio mi hai insegnato tante cose.

Tra 6 mesi, invece, toccherà a me insegnarti qualcosa, che ti rimanga per tutta la vita, e non so proprio da dove inizierò.

La prima cosa che ti dirò è che sono la tua mamma e che tu hai delle certezze: io per te ci sarò sempre, potrai contare su di me in qualsiasi momento e ti prometto che da me riceverai sempre amore e verità.

Ti racconterò che la vita è bella, anche se qualche volta è dispettosa e ci sembra che ce l’abbia proprio con noi, ma bisogna aver pazienza e continuare a perseverare.

Ti dirò che i soldi sono importanti per vivere ma non sono tutto, ci aiutano solo a stare meglio, ma, puoi credermi, sarai più felice nel mangiare una pizza con una persona amata che un’aragosta con qualcuno che capisce poco di te.

Cercherò di farti capire che non c’è tempo di annoiarsi, di arrabbiarsi, però capita di fare pure quello, l’importante è fare in modo che duri poco.

Ti insegnerò a donare te stesso senza riserve, ma solo a chi ti merita, a chi saprà volerti senza pretenderti. A tendere la tua mano verso chi ha bisogno, senza lasciarti trascinare verso dirupi che non sono i tuoi.

Ti spiegherò che si può essere davvero tanto felici, ma la felicità non è un dono, è una conquista e che c’è bisogno d’impegno per essere felici. Poi alle volte si è felici senza meriti particolari, perché la vita decide di farci un regalo ed allora bisogna essere felici il doppio perché quelli sono momenti preziosi.

Ma a conti fatti, già lo so, saranno più le cose che tu insegnerai a me.

Io ti canterò di fate e folletti, mentre tu respirerai leggero sul mio petto e profumerai del mio latte e dei miei baci.

Ed io, innamorata come mai, ti cullerò al ritmo dei sogni miei che, finalmente, tu hai fatto realizzare.

  

Conoscersi

Oggi ho fatto la visita di controllo, tutto bene.
Fisicamente sono tornata come nuova, le cicatrici sono altrove.
Dopo un po’ che parlavamo con il ginecologo (e ancora una volta ho avuto la conferma di aver scelto il miglior ginecologo del mondo) mi ha detto che è stupefacente il grado di conoscenza che ho di me stessa e di consapevolezza del mio corpo.
Sì dottore, effettivamente sono 31 anni che mi frequento.

Fragile: maneggiare con cura

A poche settimane di distanza ripercorro gli stessi corridoi, le mie narici si riempiono degli stessi odori e devo ricorrere a tutta la mia forza per mettere un piede davanti all’altro, per non piantarmi a metà strada, incapace di procedere o di indietreggiare.
Però pensavo fosse più difficile, scopro così di avere un forte spirito di sopravvivenza.
Entro nella stanza dove mia cugina è a letto con il suo piccolino in braccio.
Entro prendendo le misure, mi maneggio con cura, ma subito mi rendo conto di essere ancora capace di gioire delle felicità altrui mettendo da parte i miei dolori, le mie disperazioni.
Nonostante questo continuo a trattarmi con cautela, come una sopravvissuta bisognosa di attenzioni e delicatezza; giro canale se si parla di gravidanze, spengo la radio se stanno passando proprio quella canzone che ascoltavo accarezzandomi la pancia ancora invisibile, scaccio le lacrime quando fanno capolino e chiedono sfogo.
Mi proteggo da me stessa.
Mi prendo cura di me sperando di averla fatta franca così, sperando che gli argini non si rompano da un momento all’altro perché so che allora non ci sarebbe più riparo.

Coraggio

Di quei giorni in ospedale ricorderò il caldo della mia stanza, il sole che entrava dalla finestra vicino al mio letto e che aveva la presunzione di dare così una parvenza di normalità.
Ricorderò il sangue che colava lungo le mie gambe, fino alle caviglie, fino all’ultima parte di me.
Il mio senso d’impotenza.
Mi ricorderò di quei momenti in cui ho dovuto stringere i denti mentre qualcun altro stringeva le mie mani.
Ricorderò il senso d’impotenza e rassegnazione che ho provato mentre altri disponevano di me, mentre io ero altrove, mentre silenziosamente pregavo, mentre dentro di me, di nascosto da tutti, piangevo. Mentre pensavo che avrei dovuto reimparare a vivere ben sapendo che da quel momento avrei diviso il mio tempo in un prima e in un dopo, e infatti è così.
Di sicuro ricorderò la dottoressa che si è complimentata con me per la mia resistenza al dolore e per il mio coraggio.
Non ho saputo confessarle che avevo talmente tanta paura che non ho nemmeno avuto il coraggio di dire che avevo paura.

Roccia e sorgente

Cerco consolazione nelle piccole certezze quotidiane.
Mio marito che mi sveglia con un bacio, mio papà che mi saluta dalla finestra mentre sto andando a lavoro, mia mamma che mi prepara i miei piatti preferiti. I loro sguardi pieni d’amore e d’apprensione.
Cerco rifugio nelle mie poche certezze, nella routine di tutti i giorni, in bilico nel mio fragile equilibrio.
Cerco di lenire le mie ferite come posso, ben sapendo che sanguineranno a lungo, che non guariranno mai del tutto, che mi ricorderanno a vita per quali strade ho camminato.
Una mia cara amica mi ha detto “tu ce la farai. Sono io la cagasotto, tu sei la roccia”.
Una roccia che attende il momento per diventare sorgente.

22%

Io rientro in quel 22%
Lunedì si deciderà cosa devo fare, lunedì spenderò altre lacrime, lunedì sembra adesso troppo lontano e troppo vicino. È un dolore viscerale che fa troppo male.
Vuoto. Buio. Dolore.

Onda

Alle volte mi ferisci, alle volte ti insinui nelle pieghe del mio cuore e mi colpisci.
Ci sono volte che sai farmi male.
Sono quelle le volte in cui mi rifugio in qualche angolo della mia mente, cerco calore, cerco consolazione. Aspetto che smetta di piovere, fuori e dentro di me.
Intanto le tue parole si fondono con il rumore della pioggia che scroscia, diventano un rumore insistente, battente ed io con la mente devo andare altrove per non sentire l’onda arrivare.
La tua onda è silenziosa, fatta di indifferenza e odio. Mi è addosso in un attimo e io mi lascio travolgere, non oppongo resistenza.
Chiudo gli occhi. Qui tutto è pace, tutto è silenzio. Eppure ho male ovunque, dentro di me.

(foto
http://m.alfemminile.com/album/701035/foto-17393501.html)

Tu

Ti ho sognato tutta la notte.
Ti tenevo in braccio e respiravo la tua morbidezza, il tuo calore.
Ti tenevo stretto a me, con la testolina sulla mia spalla per farti addormentare.
Accarezzavo con la guancia i tuoi capelli fini e profumati come solo quelli dei neonati sanno essere.
Mi hai riempito il cuore tutta una notte.

Stamattina mi sono svegliata con la spalla stretta al viso, dov’eri tu. Sono rimasta anchilosata per tutta la giornata.

Però.

Ascoltando il tuo lieve respirare, in questo sogno ho scoperto la felicità.

Voce

Il mio capo ha tre voci.

La voce professionale, quella che usa quando parla con qualche pezzo grosso. La voce di chi sa quello che vale, che non deve dimostrarlo a tutti i costi perché è così e basta. La voce di chi sa quello che dice, ma che lo fa con umiltà.

La seconda è la voce di tutti i giorni. Una voce comune, come tante altre. La voce della normalità, della quotidianità.

E poi ha quella voce.
La voce di quando al telefono parla con sua moglie.
Una voce fatta d’amore e di carezze.
Quando parla con lei la sua voce è musica e suona note tutte loro.

Ed oggi, mentre ascoltavo le loro melodie, pensavo che ogni donna merita una voce così. Nessuna donna dovrebbe stare senza.

(Foto http://filippozattini.blogspot.it/2012/01/partitura-ed-esecuzione.html?m=1)

Di autogrill e topi

Abbiamo avuto appena il tempo di caricare la macchina di tutti i nostri desideri e sogni per questo meraviglioso viaggio che ci siamo dovuti fermare al primo autogrill.
La vescica debole ed il languore che prende macinando chilometri non c’entrano.
I principali colpevoli sono i topi.
Sì, perché a quanto pare il medicinale che dovrò prendere per tutta questa settimana è stato testato sui topi in gravidanza ed ha causato malformazioni nei feti.
Ok, non sono un topo. Arguta osservazione.
Però sono una fifona.
Tiro il dado. Fermi un giro e poi si torna alla partenza.
E quindi niente, si fa tappa all’autogrill.
Un camogli ed una rustichella, grazie.
Da bere? Tanta Coca-Cola, ché il boccone da mandar giù è un pochetto amaro!

Viaggio

Siamo in viaggio.

Un viaggio senza valigie, ma fatto di carezze, di sorrisi, di piccole reciproche attenzioni, di mani intrecciate, di sguardi complici, di lunghe danze con delicate movenze.

Uno di quei viaggi che, chiusa la porta di casa, non ti fa dire “finalmente in vacanza” perché questo è uno di quei viaggi che quella porta te la fa aprire e che ti fa dire “finalmente siamo a casa”.

Emozionarsi

A distanza di 5 anni abbiamo cenato nello stesso ristorante del primo appuntamento.
Qualche tavolo più in là della prima volta, ci siamo arrivati mano nella mano, questa volta.
Avevamo trascorso la serata parlando del nostro passato, calibrando le nostre esperienze, indagando le nostre cicatrici. Sondavamo il terreno, cauti, timorosi, speranzosi.
Ieri abbiamo solo parlato del futuro, del nostro futuro, di tutti i progetti che stiamo facendo, di tutte le aspettative che abbiamo, che condividiamo.
Ci siamo sommersi di parole e sorrisi.
In una serata come le altre, eppure così densa di significati, ho guardato mio marito come se fosse la prima volta e mi sono innamorata di nuovo.

Pronti, attenti, via!

Il tempo di avere i risultati delle analisi (toxoplasmosi) e poi si maratona.
Intanto mille domande mi assalgono.
Adesso mi chiedo se sono pronta, se è pronto, se saremo in grado.
E ancor prima, mi chiedo se ci riusciremo o se sarà un’attesa estenuante, un continuo sperare e poi rimanere delusi. Un aggrapparsi l’uno all’altra illudendosi di bastarsi quando da un po’ abbiamo capito che non è più giusto che sia così.
È arrivato il momento.
È arrivato il momento e mi tremano le gambe, a me adesso trema il cuore.
Ho voluto tanto arrivare qui ed ora, come un bambino davanti al regalo sotto all’albero, freno. Inchiodo. Ho quasi paura ad avvicinarmi a questo meraviglioso regalo per paura di rimanere delusa, per la troppa emozione.

Ancora 10 giorni e poi amarci avrà un sapore diverso.

(Foto http://www.baciecarezze.com/2013/11/07/tenersi-per-mano-fa-bene-alla-salute/)